contributo di Dott.ssa Paola Pupulin

Ringrazio l’Associazione per avermi invitata a portare questo contributo che nasce dalla mia esperienza professionale che dura ormai da più di dieci anni.

Al fine di rendere più chiaro ciò che vi illustrerò, desidero anticipare e sottolineare una caratteristica che accompagna da tempo la mia modalità di approccio alla professione. Essa nasce da una sorta di tormento di fondo, che mi porta a ricercare e utilizzare molti e vari modelli di intervento che, alla fine, riflettono un tentativo di comprensione di quella che è la sofferenza dell’essere umano nella sua unità, psico-emotiva e anche organica.

Ciò comporta una crisi di fondo costante, perché ogni volta che incontriamo modelli interpretativi differenti da quelli che siamo stati abituati ad utilizzare, il processo di integrazione non è così semplice.

Sarebbe molto più semplice restare aderenti ad una teoria/modello e lavorare solo con quella. Così facendo ci si potrebbe risparmiare la fatica del doversi ristrutturare costantemente. Ma questa l’approccio interdisciplinare che propongo, alla fine, è l’unica strada per me percorribile e che consente di portare a casa risultati veri che sono, alla fine, la vera soddisfazione di chi svolge la nostra professione.

 

Introduzione

Ormai da molto tempo la ricerca medica scientifica sta promettendo che la lotta contro il cancro condurrà a vittorie spettacolari.

Sono state scritte milioni di pagine sui tumori, sulla genetica e sulla ricerca in generale.

Purtroppo i risultati sono davanti a noi: i casi di cancro aumentano, e di cancro si muore ancora tanto.

In Italia ogni giorno 600 persone ricevono una diagnosi di cancro.

Il cancro resta una delle principali cause di mortalità in occidente.

Ricordando la casistica classica delle cause di morte, i principali tumori riguardano:

 

  1. polmone
  2. stomaco
  3. fegato
  4. colon-retto
  5. seno

 

Il 95% delle donne colpite al seno non ha familiarità di cancro.

Nonostante gli enormi sforzi compiuti nel campo della ricerca e i progressi significativi realizzati nella lotta contro questa piaga, la medicina è oggi in grado di curare un tumore su due (curare non vuol dire guarire, anzi la cura oggi conduce a un semplice allungamento della sopravvivenza), il cancro continua ad essere un problema di salute pubblica.

 

L’attenzione ora si è spostata sulla prevenzione, quindi si lancia un nuovo monito:  il cittadino deve sottoporsi in tempo ad esami preventivi.

Fare diagnosi precoce, comunque non occorre sottolinearlo, non significa non contrarre il cancro, bensì “prenderlo in tempo”.

Allora, seguendo questa onda lunga sempre più numerose sono le associazioni che informano il pubblico sulle cause che provocano il cancro o che vi predispongono.

Secondo le statistiche si tratta di:

 

  1. ereditarietà
  2. alimentazione errata (eccessi di alcool, tabacco, grasso)
  3. fattori ambientali (aria e acqua sempre più inquinate).

 

C’è un campo che sfugge completamente alle statistiche ufficiali: quello della psiche.

Quindi la domanda centrale che vorrei proporre è la seguente: “Quali funzioni ha la psiche nella malattia?”

 

Fino a un decennio fa, l’effetto dei fattori psicologici sulla malattia fisica era sostanzialmente ignorato nei curriculum di studi di medicina, benché sia noto fin dai tempi di Ippocrate che la mente svolge un ruolo sostanziale, e a volte determinante, nella salute e nella malattia.

Una debolezza del modello standard della medicina moderna è l’incapacità di spiegare come mai, fra persone esposte agli stessi agenti patogeni e nelle stesse condizioni ambientali, alcuni si ammalano e altri no.

Le differenze genetiche possono rendere conto in una certa misura di questa variabilità, ma chiaramente entrano  in gioco altri elementi.

 

Un numero sempre maggiore di studiosi è convinto che fra le cause delle malattie vi sono: fattori di squilibrio psicologico.

Per fattori di squilibrio psicologico si intendono: traumi relazionali, blocchi emotivi e tutte le situazioni in cui perdiamo il nostro equilibrio interiore senza riuscire a trovarlo

Negli anni ’60 lo psicologo clinico Le Shan, intervistando 500 ammalati di cancro, constatò l’esistenza, prima della comparsa della malattia, di quella che egli chiamò una “perdita di oggetto d’amore” (perdita di una persona amata o di una situazione amata).

 

Un po’ più tardi, l’oncologo Carl Simonton e la moglie Stefani, psicologa, rilevarono anche loro una perdita o uno shock emotivo intervenuti tra i sei e i diciotto mesi anteriori alla comparsa del cancro.

 

Il Dr. Hamer (ex primario di oncologia in una grande clinica tedesca) condusse un colossale lavoro di ricerca (su più di 7.000 pazienti) per arrivare alla conclusione che tutti i suoi pazienti ammalati di cancro, qualunque fosse l’organo colpito, avevano vissuto, nei mesi precedenti l’apparizione del tumore, quello che lui ha definito trauma o conflitto biologico vissuto nell’isolamento.

Egli ha scoperto inoltre che nel momento in cui si verifica il trauma vi è un’interruzione del campo elettromagnetico a livello del cervello.

Nel cervello-computer vi sono aree cerebrali differenti, responsabili di diverse sfere psicologiche: ogni area cerebrale è responsabile di un’attività psichica e nello stesso tempo di una parte del corpo.

E’ la colorazione del conflitto, la luce sotto cui si presenta al paziente al momento del conflitto a provocare tensioni; anzi una sovratensione, una scarica di energia insostenibile nell’area specifica del cervello che corrisponde al tenore del conflitto.

Ciò che conta non è quello che si pensa a cose fatte, ma l’impatto, la colorazione psichica vissuta la momento dello shock conflittuale.

 

Secondo questi autori, e molti altri ancora, certi conflitti, certi stati emotivi non totalmente espressi dalle parole, dalle emozioni, si rivelano attraverso il corpo.

 

A conferma delle importanti conclusioni di questi autori, intervenne una vasta ricerca sui soldati reduci dalla guerra in Vietnam

 

“Uno studio pubblicato nel 2005 sugli Annali of Epidemiology dimostra che il disturbo post traumatico da stress è causa, nei soldati tornati dal fronte di guerra, di un progressivo indebolimento della salute e di malattie letali come tumori, infarti e diabete. Joseph Boscarino, insieme a un gruppo di ricercatori della facoltà di medicina della New York Academy, ha diviso 18.000 veterani del Vietnam in due gruppi, di cui uno affetto da disturbo post-traumatico da stress e l’altro no. Risultati: eccesso di morti due volte superiore nei gruppi affetti da disturbo post  traumatico. Questi soldati oltre a perire più frequentemente per incidenti, droga e suicidi, hanno un tasso di decessi più alto per cancro e malattie cardiache.

Secondo Boscarino, il disturbo post traumatico da stress è il meccanismo chiave che apre la porta ad altri traumi che indeboliscono lo stato di salute generale.”

 

Nel 1977 viene introdotta istituzionalmente la medicina comportamentale.

Essa riconosce esplicitamente che tra mente e corpo vi sono profondamente interconnessi. E, di conseguenza, riconosce che le convinzioni e gli atteggiamenti delle persone, riguardo al loro corpo e alla loro malattia, possono facilitare o meno la guarigione, e che, in generale, il modo in cui viviamo, ciò che pensiamo e facciamo esercitano un’influenza importante sulla nostra salute.

 

Coinvolgendo i pazienti in una definizione di pratica medica allargata (che comprende la mente oltre il corpo, i comportamenti, i sentimenti, oltre che i sintomi e le procedure), la medicina comportamentale propone un modello di partecipazione che sposta il baricentro della responsabilità personale. Il paziente viene incoraggiato a contare maggiormente sui propri sforzi personali.

 

Il ruolo dei pensieri

 

Martin Seligman e i suoi colleghi della Pensylvania hanno studiato le differenze, dal punto di vista della salute, fra persone che possono essere descritte come essenzialmente ottimiste o essenzialmente pessimiste.

In sostanza, il pessimista tende ad assumersi la colpa di un evento negativo e a ritenere che gli effetti di esso si protrarranno nel tempo e si manifesteranno in molti aspetti diversi della sua vita. L’ottimista interpreta lo stesso evento in modo spiccatamente diverso. Non tende ad attribuirsi la colpa di ciò che è accaduto; e se lo fa è piuttosto interpretandolo come un errore occasionale e rimediabile. Vede gli eventi negativi come di portata limitata.

Seligman e colleghi hanno mostrato che in seguito a un evento negativo, i pessimisti hanno una maggiore probabilità di incorrere in stati depressivi e mutamenti ormonali e immunitari, i quali danno luogo ad una maggiore suscettibilità alla malattia, e di sviluppare sintomi fisici. In cambio, un atteggiamento ottimistico sembra avere un effetto protettivo rispetto alla depressine, e alla malattia in genere.

 

ORA FATTE QUESTE PREMESSE, ENTRO NELLO SPECIFICO DELLA MIA ATTIVITA’ CLINICA che è maturata sia come libera professionista sia come responsabile psicoterapeuta presso un Centro di oncologia femminile, specializzato nella diagnosi e nella cura, all’interno di un ospedale della provincia di Vicenza.

 

Inoltre, mi occupo della formazione del personale infermieristico nonché delle volontarie dell’Associazione “ANDOS”, le quali sono impegnate a sostenere emotivamente le donne operate di cancro.

 

Le donne che si rivolgono al mio ambulatorio hanno da poco ricevuto diagnosi di cancro, di solito cancro al seno.

Sentire dal medico una diagnosi di cancro è un po’ come ascoltare una sentenza di morte.

Intensità e carattere delle reazioni individuali possono avere accenti diversi, ma generalmente, alla comunicazioni di diagnosi, si apre una prima fase psicologica caratterizzata da uno stato di shock per una notizia appresa come una catastrofe.

Emergono pensieri del tipo “non posso crederci, non può essere vero, è un incubo, mi risveglierò”.

 

Questi stati d’animo fanno parte del quadro clinico, quando si affronta una malattia che minaccia la vita.

Oltre a sentirsi impotenti, molti soggetti sono perseguitati dalle immagini invadenti del momento della diagnosi.

A volte, i medici, per insensibilità o altro, possono dare alla gente l’impressione di aver ricevuto una condanna a morte.

Quale valanga di emozioni si abbatte addosso a una donna che si ritrova in mano l’esito di una mammografia, o mentre il chirurgo pronuncia le parole più pesanti che si possono ascoltare nell’arco della vita? Tante e drammatiche.

 

In questa prima fase, è doveroso lasciar spazio alla sofferenza psicologica.

Ricordare a queste persone che provare angoscia, sentirsi tristi, arrabbiate, è normale.

Far emergere questi stati d’animo non è solo lecito ma salutare.

Si tratterà, evidentemente, di non abbandonarsi passivamente a questi stati d’animo, ma di imparare a saperli gestire e superarli.

 

Obiettivi dell’EMDR

Ora esporrò un elenco degli obiettivi di sedute EMDR rifacendomi alle pazienti incontrate nella mia attività clinica; ma esso può essere utilizzato anche per tutti i soggetti oncologici.

 

Ricordo che prima di incontrare l’EMDR utilizzavo le tecniche classiche, che consistevano in larga misura in un sostegno psicologico e in un contenimento emotivo.

I pazienti si sentivano sicuramente più sollevati, ma non si verificava il cosiddetto “cambiamento”.

Con l’EMDR, come d’incanto, avviene la seguente metamorfosi: la trasformazione del paziente da vittima di eventi incontrollabili, a protagonista attivo della propria vita.

L’EMDR risponde ad un bisogno reale di terapia e non solo alla richiesta classica di accoglimento e di contenimento delle emozioni del paziente.

In genere, un oncologo oggi accetta di buon grado l’intervento dello psicologo, ma non come “un terapeuta” che può contribuire alla guarigione, bensì come un aiuto il cui massimo riconoscimento è legato al fatto che lo psicologo sorregge, comprende empaticamente.

Con l’utilizzo dell’EMDR, allo psicologico, innovativamente, viene riconosciuto un ruolo attivo, un intervento che contribuisce alla terapia del paziente, con evidenze tangibili, perché il paziente sta oggettivamente meglio, non è più ossessionato dalla diagnosi, o dalla paura di far la fine dell’amico o parente ora deceduto, ed è quindi maggiormente predisposto a reagire positivamente alle cure mediche.

 

1° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (diagnosi di cancro)

Come ho ricordato, il momento della diagnosi può rappresentare uno shock traumatico.

Dico “può rappresentare” perché non è uno shock traumatico per tutte le persone che ricevono tale diagnosi, ma sicuramente lo è per molte.

 

Perché la diagnosi di cancro rappresenta un trauma?

Perché, da un istante all’altro, la persona si trova di fronte ad un passaggio brusco dall’essere sani all’essere malati, da una condizione caratterizzata da una certezza di vita ad un’altra caratterizzata da minaccia alla propria vita.

 

Quali sono i sintomi di questi pazienti?

Gli stessi dei Disturbi Post traumatici da stress:

  • problemi di sonno: incubi, continui risvegli, insonnia totale
  • reazioni fisiche: problemi di stomaco, mal di testa, stanchezza cronica, problemi di concentrazione
  • pensieri intrusivi: pensieri, ricordi, immagini di quello che è accaduto. I quali si presentano involontariamente soprattutto in momenti di rilassamento
  • ansia generalizzata-angoscia.

 

Da tempo si è acquisita la consapevolezza, in chi lavora nel settore, che non è sufficiente far parlare il paziente. Anzi, il semplice fatto di raccontare più volte il trauma vissuto spesso non fa che aggravare i sintomi

Al termine del trattamento EMDR, la paziente si trova non più bloccata alla diagnosi e alla paura di non farcela, ma recupera un atteggiamento più consapevole, più forte, sicuramente più coraggioso nei riguardi della malattia, associato alla sensazione di potercela fare.

Infine, scompaiono gran parte dei sintomi relativi al DPTS cui ho accennato prima.

 

Attenzione:Il trauma della diagnosi di cancro deve essere superato per primo, altrimenti il soggetto si ritroverebbe costantemente bloccato a pensare all’idea della morte, o alla paura di non farcela.

 

  • Preparazione all’EMDR:

 

Targhet: “comunicazione della diagnosi”

c.n. “Sto per morire” – “vedo il mio funerale” – “E’ finita per me”- “Sono impotente”

c.p. “ Non sono ancora pronta a morire, voglio vivere” – “ Posso farcela” “Posso gestire la situazione.

 

Queste cognizioni positive possono avere una grossa risonanza sulle pazienti. Ciò è importante perché questi soggetti spesso sono intrappolati da sentimenti di impotenza, tali da compromettere, con tutta probabilità il loro sistema immunitario. Spesso l’autoidentificazione come vittima impotente risulta essere il fattore più debilitante.

 

In seduta è importante ricordare a queste pazienti che:

 

  • La malattia può essere affrontata in due modi:

 

  • si può restare annichiliti dalla diagnosi e considerare se stessi una vittima impotente
  • oppure, dopo aver dato voce al dolore, si può comprendere il messaggio profondo della malattia, che è un invito a cambiare, un segnale per avvisarci che il nostro modo di vivere non è più in armonia.

 

E’ importante ricordare a queste persone che nella malattia non conta soltanto il nostro corpo. Contano anche le nostre emozioni, la nostra sensibilità, ma soprattutto conta il modo in cui affrontiamo gli eventi della vita.

Qualcuno, rispetto a queste dichiarazioni può sentirsi colpevolizzato, della serie “Allora è colpa mia se sono malato”

 

Questo approccio rappresenta un invito alla riflessione, ad una consapevolezza nuova “che non si è in balia dei venti”.

Finché si considera la malattia come una fatalità contro la quale non si può fare nulla, si è ridotti all’impotenza, condannati ad affidarsi agli esperti della salute, anche loro spesso incapaci di comprendere perché la sfortuna si abbatte sugli uni e non sugli altri.

Risulta fondamentale cogliere il messaggio per iniziare un percorso verso il cambiamento e verso una guarigione.

Alcune malattie arrivano per ricordarci che abbiamo sbagliato strada, che recitiamo la parte di un altro, un ruolo impartito dal nostro entourage.

In questo percorso la medicina ha un ruolo fondamentale, ma se consegniamo tutto il nostro bagaglio solo alla medicina, non riflettiamo e non ci interroghiamo, forse perdiamo un’occasione unica per riprenderci per mano, per crescere e sbocciare con tutte le nostre potenzialità.

 

 

2° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (storia del paziente)

E’ importante esplorare le condizioni di vita attuali del soggetto unitamente alla storia e ai sintomi con particolare attenzione a:

 

  • situazione attuale
  • significato della malattia
  • vantaggi secondari della malattia.

 

Come in una qualsiasi malattia, per noi terapeuti è importante verificare i vantaggi secondari della malattia stessa che possono essere legati a pattern di autosacrificio

Non di rado, le pazienti dicono: “E’ colpa mia, me lo merito”. Il sentimento di colpa può essere legato alla decisione di una separazione, di un aborto, di non essere stata presente durante la malattia di un famigliare, la morte di un famigliare.

 

  • Preparazione per l’EMDR su un evento passato in cui il paziente si sente in colpa.

 

Cogniz. Neg. “E’ tutta colpa mia” “Me lo merito”

Cogniz. Pos. “ Non è colpa mia” “E’ passato, posso imparare da questo”

 

I vantaggi secondari possono essere legati al bisogno di ricevere attenzioni, a causa sia di modelli precedenti sia di circostanze reali attuali. Questo è il caso della paziente che, attraverso la malattia, è riuscita a trattenere suo marito il quale, qualche mese prima, le aveva annunciato che se ne sarebbe andato non appena trovava una casa.

 

  • Preparazione per l’EMDR su un evento passato in cui il paziente sente l’incapacità di far valere i propri bisogni

 

Cogniz. Neg. “Non posso farmi valere”

Cogniz. Posi  posso far conoscere i mie bisogni”

 

Successivamente, è importante porre al paziente delle domande circa la sua vita. Ad

esempio: che cosa dovrebbe cambiare il soggetto; a che cosa dovrebbe rinunciare se stesse bene, come sarebbe diversa la sua vita se stesse bene.

 

 

3° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (relazione tra eventi traumatici e cancro)

Un aspetto importante riguarda la relazione tra eventi drammatici-traumatici-stressanti e l’insorgere della malattia.

Quasi tutte le pazienti incontrate nella mia esperienza clinica ammettono che, prima della malattia, hanno attraversato un periodo in cui si sono sentite impotenti, incapaci di risolvere o controllare i problemi della loro vita e hanno pensato di essere pronte ad “arrendersi”.

Quando la speranza esce dal proprio orizzonte, l’individuo si limita a fare una “corsa sul posto”, senza attendersi di arrivare da nessuna parte. In superficie potrà dare l’idea di far fronte alla vita ma, interiormente, la vita sembra non conservare più alcun significato.

 

Inoltre, nell’atteggiamento dei pazienti colpiti da cancro ho riscontrato una importante dipendenza interna o esterna.

La persona ha un rapporto di dipendenza psicologica con una persona, con un ruolo, con una certa situazione. Essa può essere:

 

  • famigliare (coniuge-figlio-genitori)
  • professionale (perdita lavoro, persecuzioni e/o declassamento nella carriera)
  • di fronte a se stessi ( autosvalutazione, senso di vergogna).

 

Penso che le persone colpite dal cancro abbiano un conflitto fra l’io interiore, ossia ciò che è realmente, e l’io esterno, ossia ciò che si lascia vedere all’esterno agli altri ed anche a se stessi.

Quando l’io interiore è debole e per crescere e per esistere si avvinghia ad un oggetto, ad una situazione, ad un ruolo, l’equilibrio dell’individuo è in pericolo

La perdita quindi dell’oggetto amato (persona o situazione) porta il soggetto a sentirsi incapace di assumere da solo la propria identità.

Un mutamento professionale, un licenziamento, un divorzio possono far uscire il soggetto da un bozzolo che dava sicurezza, che assicurava una parte della sua identità.

 

  • Preparazione per l’EMDR su una situazione vissuta come evento traumatico precedentemente alla diagnosi:

 

Target: evento traumatico…

Cogniz. Neg. “io sono impotente” “E’ colpa mia” “Avrei dovuto fare….”

Cogniz. Pos. “io posso gestire la situazione” “non è colpa mai “ “ho fatto il possibile”

 

4° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR

Una particolare attenzione nel verificare se ci sono stati morti di cancro di una o più persone importanti per il paziente.

 

L’uomo ha sempre avuto paura della morte, specie se accompagnata da malattia e sofferenza.

Il cancro ha occupato nell’immaginario collettivo, per il vissuto di angoscia ed impotenza, il posto che era stato della peste, del colera o della tubercolosi.

Eppure in medicina esistono molte malattie che mettono a rischio la vita, (basti pensare all’infarto, all’ictus, ad alcune malattie neurologiche) che tuttavia non evocano lo stesso spettro di una condizione senza speranza come il cancro.

 

Se nella storia del paziente si è verificata la morte di una persona cara, alla quale in precedenza era stato diagnosticato un cancro, è fondamentale soffermarsi un po’ su questo aspetto.

Occorre chiedere al paziente di ricordare tutte le persone di sua conoscenza che hanno subito diagnosi di cancro e che sono vive. Purtroppo si tende a concentrarsi solo sulle persone che non sono riuscite a superare la malattia.

 

Inoltre il terapeuta deve porre le seguenti domande:

  • cosa dice la storia di quella persona?
  • aveva voglia di vivere? Di lottare?
  • era motivata a seguire bene tutte le cure?
  • era seguita psicologicamente?

 

  • Preparazione per l’EMDR:

 

Target:” persona cara deceduta”

Cogniz. Neg. “Morirò anch’io”

Cogniz. Pos. “Ognuno ha la sua storia e il suo destino”

 

 

5° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (paura per i famigliari)

Non è raro trovare donne che sono meno spaventate dall’operazione o dalla loro stessa malattia, rispetto alla preoccupazione di ciò che può accadere ai loro figli o ai mariti, se loro muoiono.

Durante l’EMDR si rendono conto che hanno comunque dato tanto alla loro famiglia, soprattutto solide fondamenta e, se loro dovessero morire, i famigliari se la caverebbero. Con questa consapevolezza diventano meno dominanti e molto più rilassate.

 

  • Preparazione per l’EMDR:

 

Target: i miei familiari

Cogniz. Neg. “non posso sopportare l’idea che possono rimanere senza di me“

Cogniz. Pos. “ “io posso gestire l’idea………”

 

6° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (espressione della rabbia)

I malati di cancro hanno difficoltà ad esprimere la propria rabbia. Non riescono a identificare come rabbia i propri sentimenti del momento, i quali vengono identificati come “disturbo” o “fastidio”.

L’incapacità di esprimere la rabbia è spesso legata a esperienze precedenti nelle quali era stato loro insegnato che quello era un sentimento pericoloso da provare

 

Alcuni studi suggeriscono che vi sia una personalità “predisposta al cancro” come una “personalità predisposta alle malattie coronariche”.

La dott. Caroline Thomas, della Hopkins Medical School, ha effettuato uno studio quarantennale sui malati di cancro. Ella dichiara che la personalità predisposta al cancro è composta da un insieme di caratteristiche tra le quali:

 

  • tendenza a nascondere i propri sentimenti
  • centrata sugli altri, sull’autosacrificio
  • sensazione di non sentirsi amata e né meritevole di amore

 

 

Tutto ciò è stato confermato anche dalle ricerche della Dott.ssa Lydia Temoshock che negli anni ’80 ha individuato la “Personalità di tipo C”, relativamente a quelle predisposte al cancro, definendola con i seguenti tratti caratteriali:

 

  • docili, passivi
  • disattenti ai propri bisogni
  • non cercano cure dagli altri, ma le danno
  • tendenza alla repressione dell’aggressività
  • tendenza alla repressione dei ricordi e emozioni negative.

 

Ci sono indicazioni secondo le quali reprimere le emozioni può essere un fattore di rischio anche per l’ipertensione, oltre che per il cancro.

Le persone che tendono ad esprimere la rabbia quando vengono provocate hanno mediamente pressione sanguigna più bassa rispetto a quelle che tendono a reprimerla.

Da parecchi anni si ritiene che esista un tipo di comportamento a rischio per le malattie coronariche che è stato chiamato “comportamento di tipo A”.

I “tipi A” vengono descritti come individui competitivi e mossi da un forte senso di urgenza. I loro gesti e le loro parole tendono ad essere rapidi e bruschi. Essi sono generalmente impazienti, aggressivi e ostili

 

E’ importante tenere presente che gli studi clinici generano solo relazioni statistiche. E’ ben lungi dall’essere vero che tutte le persone che hanno certi tratti psicologici e di comportamento si ammalino di cancro, così come non è ovviamente vero che tutti i fumatori muoiano di cancro polmonare.

Vi sono determinate caratteristiche di personalità che si vedono più frequentemente in determinati tipi di soggetti ammalati piuttosto di altri.

 

  • Preparazione per l’EMDR:

Target: “momento in cui trattengo la rabbia”

Cogniz. Neg. “Non posso sentire o mostrare la rabbia”

Cogniz. Pos. “Io posso imparare a sentire e gestire la rabbia”

 

7° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (mi sento solo)

Non è raro che il sistema di sostegno famigliare e amicale non funzioni perché i nostri cari stessi sono angosciati al pensiero di perdere la persona cara.

Le reazioni dei famigliari possono essere diverse e caratterizzate da:

 

  • un apparente disinteressamento su cosa sta succedendo. Atteggiamento che conduce ad evitare di parlare della malattia, delle cure e delle eventuali conseguenze
  • un’apparente distacco, il marito ad un tratto deve presenziare ad un sacco di incontri di lavoro, il figlio prende un appartamento in affitto vicino all’Università o al lavoro.
  • o, al contrario, un’asfissiante vicinanza e controllo sul famigliare malato.

In realtà il paziente oncologico raramente ha la possibilità di esprimere i suoi sentimenti di paura, angoscia ecc. perché le persone vicine tendono a minimizzare la situazione o ad esercitare forti pressioni affinché il soggetto mantenga un atteggiamento ottimistico.

In realtà, questi comportamenti sono dettati solo dalla paura e non da un disinteresse.

Tutto ciò, comunque, contribuisce a farlo sentire SOLO.

 

Una testimonianza esemplificativa:

“Ero bisognosa di amore e di attenzioni, aspettavo gesti affettuosi, visite, telefonate e interessamenti sul decorso della mia malattia. Nulla o poco.

Riguardo a mio marito, facevo i confronti con quanto si vede nei film, meglio se americani, quando c’è un lui la cui lei è affetta da una grave malattia, sul letto o sul divano, i due si abbracciano, lei piange e lui, accarezzandola le ripete: “va tutto bene, va tutto bene”. Stessa cosa con i figli: si abbracciano di nuovo, il ragazzo o la ragazza  sussurra sulla spalla della mamma quella frase che ogni genitore per una vita aspetta di sentirsi dire: “ti voglio bene”.

Non è così.

La realtà è molto meno romantica. In queste situazioni, in genere, i mariti e i figli ti trascurano”

 

Il terapeuta deve far riflettere che in genere il marito non sa come fare o cosa dire, è angosciato e senza strumenti psicologici ed emotivi quindi preferisce usare le strategie difensive della “fuga” o dell’“evitamento”.

Riguardo i figli, il loro essere proiettati verso la costruzione del loro futuro li rende naturalmente, e non per colpa o voluta insensibilità, lontani dall’idea della morte e di conseguenza anche dalla sofferenza.

 

  • Preparazione per l’EMDR:

 

Target: “Sono a casa da sola che mi dispero”

Cogniz. Neg. “ Sono sola”

Cogniz. Neg. “Non sono sola. I miei familiari fanno quel che possono”

 

8° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (danni fisici) 

Nella donna mastectomizzata, in un momento successivo, emerge un sentimento di mortificazione rivolto al proprio corpo. L’intervento è mutilante.

Spesso la condizione è aggravata dalla visione che la persona ha del proprio corpo come di un persecutore da cui è impossibile sfuggire.

 

Un giorno una paziente mi disse:

 

Fino al giorno della scoperta del male non è che tra me e il mio seno ci fosse un gran bel rapporto. Il grande amore è nato nel momento in cui ho capito che rischiavo di perderlo. Succede sempre così”

 

E’ fondamentale ricordare a queste donne che la femminilità è qualcosa che va ben oltre una misura di reggiseno o l’avvenenza fisica, ma è la somma di qualità che sono proprie .

Dopo l’EMDR la paziente giunge alla consapevolezza serena che lei è molto di più del suo corpo. Si rende conto che ha molte ragioni per cui vivere e che il suo essere può sempre continuare a risplendere al di là di tutto.

 

  • Preparazione per l’EMDR:

 

Target: “mi guardo allo specchio”

Cogniz. Neg. “Ho il corpo devastato” “Sono terribile- brutta”

Cogniz. Pos. “Sono molto di più del mio corpo”  “Sono bella dentro”

 

9° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (dolore fisico)

Il dolore fisico spesso si riferisce alle conseguenze dei trattamenti di chemioterapia e radioterapia, o dolore all’arto collegato al seno operato.

 

Il doloro fisico comprende:

  1. nausea, vomito, stanchezza che durano dai 3 ai 7 giorni dopo la chemioterapia
  2. dolore alla parte interessata
  3. bruciore alla parte interessata dopo la radioterapia.

 

1) Le sensazioni di nausea e vomito si presentano non solo dopo la chemio, ma spesso anche prima di andare in reparto. E’ evidente che siamo di fronte ad una reazione di rifiuto alle cure. Tale atteggiamento è dannoso ed è indispensabile cambiare approccio nei confronti della chemio. Come?:

 

  1. a) Far visualizzare al paziente il liquido che penetra in tutti i tessuti, magari di coloro bianco, e che aiuta a debellare le cellule cancerogene
  2. b) pensare ad uno scenario della natura, cercando di concentrarsi sugli odori forti, per esempio l’odore del muschio di un bosco, l’odore dell’acqua marina ecc…Ciò aiuta a combattere il senso di nausea.

 

Nel frattempo, per non farci influenzare da i discorsi terrificanti degli altri pazienti che circolano nelle sale predisposte alla chemio, consiglio di partire da casa ben forniti di lettori cd di musiche rilassanti con relativi auricolari.

 

A tal proposito una paziente mi disse:

 

la cosa che mi angosciava di più delle ore trascorse sulla poltrona in attesa che quei tanti e lenti flaconi si svuotassero, era dovere ascoltare tutti i discorsi terrificanti che normalmente circolano in quelle sale. Mi ricordo che la prima volta ho avuto una specie di svenimento perché la mia ansia sommata a quanto mi toccava sentire mi ha mandata in tilt”

 

  • Preparazione per l’EMDR:

 

Cogniz. Neg.“ho paura che succeda anche a me tutto quello che ho sentito

Cogniz. Pos. “ le loro storie non mi appartengono, io ho il mio percorso”

 

2 e 3) Nei casi di doloro fisico io uso alternativamente:

 

  • raggio luminoso
  • ascolto del dolore utilizzando la “mindfulness”

 

10° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (rafforzamento del sistema immunitario)

In questa fase, lavoro molto con la visualizzazione.

La visualizzazione è uno dei metodi di guarigione più antichi del nostro pianeta.

Immagini sane accrescono le sensazione di forza, benessere serenità.

Come ho già detto in precedenza, nella nostra cultura, le convinzioni sul cancro, sulle terapie sono “malsane”. Ci insegnano che il cancro è una malattia potente che ci divora dall’interno. Invece non è così.

 

Ricordiamoci che il corpo ha la capacità naturale di guarirsi e vincere il cancro. Quando le cellule cancerogene e le cellule normali vengono messe insieme in laboratorio, le cellule cancerogene non attaccano, né distruggono le cellule normali. Mai!

Al contrario, in queste condizioni sono i globuli bianchi che attaccano le cellule deboli, disorganizzate e deformi.

 

Ho già ricordato Carl e Stephanie Simonton, due pionieri nell’ambito della psiconeuroimmunologia, i quali hanno lavorato a lungo con pazienti affetti da tumore.

Essi conclusero che è importante suggerire ai pazienti la possibilità di identificare un’immagine attraverso la quale si potesse percepire che il proprio sistema immunitario è più forte del cancro.

Per alcuni soggetti funziona l’idea di immaginare il proprio sistema immunitario come un potente esercito, e le cellule tumorali come un nemico più debole.

Così come, per chi è religioso (cattolico), è efficace l’immagine del cuore di Gesù Cristo che irradia luce al sistema immunitario.

E’ importante assicurare il paziente che le cellule tumorali sono le più deboli del sistema.

(Fonte: “L’avventura della guarigione” macroedizioni Simonton)

 

  • Preparazione all’EMDR

 

Target: “vedo il mio sistema immunitario debole”

Cogniz.neg. “ Ho paura di non farcela”

Cogniz. Pos. “ Il mio sistema immunitario è forte e mi può guarire”

 

 

11° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (il futuro)

Alla domanda del paziente, al termine del percorso:

 

“Ma la mia vita, tornerà più come prima?”

 

La risposta del terapeuta sarà:

 

Speriamo di no”

 

Sarebbe un dramma, dopo tutto quello che un paziente oncologico ha trascorso, ritrovarsi uguale a prima. Avrà compreso qualcosa di importante sull’esistenza umana, sulle vere priorità della vita, sui veri rapporti umani, o no?

Sull’importanza di riflettere su ciò che gli accade, e soprattutto di operare dei cambiamenti se sta subendo una situazione che gli sta facendo male, o no?

 

E sul futuro: che dire? Del resto, neanche prima c’erano certezze sul futuro, solo che non se ne preoccupava, e questo è il primo e fondamentale cambiamento che è intervenuto.

Ora si ha certezza di non essere immortali e ciò rende più preziosa la vita.

Il famoso “qui e ora” non può non portare a investire tutte le energie che abbiamo per avere un oggi che ci piaccia e ci soddisfi.

 

Testimonianza:

 

“ .. appunto nell’ottica del rendere prezioso ogni giorno, se c’è stato un periodo in  cui ho fatto scelte importanti e in cui sto realizzando un sacco di progetti è proprio questo: ho avuto il coraggio di lasciare un lavoro che detestavo da sempre e mi sto impegnando in un settore a cui aspiravo da sempre senza avere il coraggio di realizzarlo.”

 

12° OBIETTIVO DI SEDUTA EMDR (paura della recidiva)

Il paziente oncologico, dopo il periodo acuto della malattia, si trova a doversi confrontare, con cambiamenti che possono portare a una ridefinizione dell’idea del sé, del senso della vita, della scala dei valori e dei bisogni.

Dopo i trattamenti di chemio e radio, e con i risultati “negativi”, si apre una fase delicata di incertezza, di ansia e di paura.

Questo è il momento delle riflessioni esistenziali centrate su problematiche relative alla propria identità, al tema della vita, ma soprattutto al tema della morte.

Perché in questa fase si presenta la paura della “recidiva”

 

  • Preparazione all’EMDR:

 

Target: “la paura della recidiva”

 

Cogniz. Neg. “Ho paura di ammalarmi di nuovo”

Cogniz. Pos. “E’ solo paura” “Il mio fisico può guarire”

 

Cogniz. Neg. “Il mio futuro è incerto

Cogniz. Pos. Il futuro è un’incognita per tutti, io posso vivere in un modo più pieno”

 

Cogniz. Neg. “Ho paura di morire”

Cogniz. Pos. “Io sono vivo”

 

Per finire, credo sia fondamentale sottolineare alcuni punti che spesso propongo a questi pazienti.

 

Siamo tutti concordi sulla necessità di una tempestiva diagnosi precoce, di una alimentazione sana ed equilibrata, ma se non troviamo il modo di essere capaci di adattarci alle difficoltà della vita, cioè se viviamo con schemi mentali troppo rigidi, rischiamo un giorno di subire inaspettatamente un evento e di non essere in grado di superarlo.Ci sono molte malattie che non sono dovute al caso, ma sono determinate dal patrimonio genetico o dall’eredità psicologica.

Anche se le eredità genetiche e psicologiche non determinano automaticamente le malattie.

Queste possiamo considerarle come delle carte che riceviamo appena nati. Anche se esse sono generalmente considerate come migliori di altre, sarà soprattutto il modo in cui le giochiamo a determinare il risultato.

Fuori di metafora, è come conduciamo la nostra vita che influenza il nostro stato di salute e l’eventuale apparizione o il superamento delle malattie.

 

Per questo la vita può essere considerata come un gioco di carte: è possibile vincere anche quando la distribuzione di partenza ci è sfavorevole.


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